Alcune pubblicazioni sul tema della ricerca apparse sulla rivista Psicoterapia e Scienze Umane
www.psicoterapiaescienzeumane.it
edited by / a cura di Paolo Migone
Psychotherapie-Wissenschaft 9 (2) 94–97 2019
www.psychotherapie-wissenschaft.info
https://doi.org/10.30820/1664-9583-2019-2-94
2001, 35(4), 5–58
Drew Westen, Lo status scientifico dei processi inconsci: Freud é davvero morto? [original edition: (1999). The scientific status of unconscious processes: Is Freud really dead? Journal of the American Psychoanalytic Association, 47(4), 1061–1106].
Riassunto: A intervalli regolari, nel corso degli ultimi cinquant’anni, i critici di Freud e della psicoanalisi hanno alzato la voce nell’opinione pubblica generale e nei circoli intellettuali per dichiarare, di solito, che Freud era morto di una qualche nuova morte dalla lunga agonia e che l’impresa da lui creata doveva essere sepolta assieme a lui come le suppellettili che accompagnavano i Faraoni egiziani nella tomba del loro sonno eterno. Sebbene queste critiche abbiano assunto le più svariate forme, una delle affermazioni centrali comune ad esse è sempre stata che i processi inconsci, al pari di tutti gli altri costrutti psicoanalitici, erano privi di qualsiasi base in termini di ricerca scientifica. Negli ultimi anni, tuttavia, ha visto la luce un ampio corpo di ricerche sperimentali comparse in una serie di riviste indipendenti (ad esempio, ricerche sul pensiero inconscio, sull’apprendimento affettivo inconscio, sul pregiudizio inconscio e sui circuiti neurali differenziali che stanno alla base dei processi coscienti e inconsci) e in grado di documentare il più fondamentale assunto della psicoanalisi, cioè quello che afferma che la vita mentale è inconscia e che questo stato si estende ai processi cognitivi, affettivi e motivazionali. L’esame di questo corpo di ricerche ha per scopo sia quello di operare una revisione della comprensione psicoanalitica dei processi inconsci, che quello di arrivare alla conclusione che, basandosi solamente su indagini scientifiche controllate, (cioè, anche senza arrivare a considerare i dati clinici), la serie di attacchi ripetuti e allargati contro la psicoanalisi non è ulteriormente sostenibile.
Abstract: At regular intervals for half a century, critiques of Freud and psychoanalysis have emerged in the popular media and intellectual circles, usually declaring that Freud has died some new and agonizing death, and that the enterprise he created should be buried along with him like artefacts in the tomb of an Egyptian king. Although the critiques take many forms, one of the central claims has long been that unconscious processes, like other psychoanalytic constructs, lack any basis in scientific research. In recent years, however, a large body of experimental research has emerged in a number of independent literatures (such as research on unconscious thought, unconscious affective learning, unconscious prejudice, and the differential neural circuitry underlying conscious and unconscious processes) documenting the most fundamental tenet of psychoanalysis, that much of mental life is unconscious, and that this extends to cognitive, affective, and motivational processes. Examination of this body of research points both to revisions in the psychoanalytic understanding of unconscious processes and to the conclusion that, based on controlled scientific investigations alone (that is, without even considering clinical data), the repeated broadside attacks on psychoanalysis are no longer tenable.
2005, 39(1), 7–90
Drew Westen, Kate Morrison Novotny & Heather Thompson-Brenner, Lo statuto empirico delle psicoterapie validate empiricamente: assunti, risultati e pubblicazione delle ricerche [original edition: (2004). The empirical status of empirically supported psychotherapies: as-sumptions, findings, and reporting in controlled clinical trials. Psychological Bulletin, 130(4), 631–663; una sintesi a cura di Paolo Migone: www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt98-05.htm.]
Riassunto: Questo articolo suggerisce che l’identificazione di «trattamenti supportati empiricamente» (EST) implica precisi assunti sull’uso della metodologia degli studi clinici controllati randomizzati (RCT), che sembra valida in alcuni casi (soprattutto per terapie di specifici sintomi d’ansia basate sull’esposizione) ma sostanzialmente violata in altri. Poi riesamina le prove empiriche degli EST di cinque disturbi e suggerisce che i dati suggeriscono una concezione dell’efficacia più flessibile di quella implicata in un giudizio dicotomico tipo «supportato-non supportato empiricamente». Infine raccomanda cambiamenti nella pubblicazione delle pratiche per massimizzare l’utilità clinica degli RCT, descrive metodologie alternative, e, invece di validare ed esportare pacchetti di trattamenti, suggerisce di testare empiricamente strategie terapeutiche e teorie del cambiamento che i clinici possano integrare in terapie informate empiricamente.
Abstract: This article first suggests that the attempt to identify empirically supported treatments (ESTs) imposes particular assumptions on the use of randomized controlled trials (RCTs) methodology, which appear to be valid in some cases (notably exposure-based treatments of specific anxiety symptoms) but substantially violated for others. Next, it re-examines the findings that comprise the empirical support for ESTs for five disorders and suggests that the data support a more nuanced view of treatment efficacy than implied by a dichotomous judgment of empirically supported or unsupported. The final section recommends changes in reporting practices to maximize the clinical utility of RCTs, describes alternative methodologies, and suggests a shift in focus from validating and exporting treatment packages to empirically testing intervention strategies and theories of change that clinicians can integrate into empirically informed therapies.
2010, 44(1), 9–34
Jonathan Shedler, L’efficacia della terapia psicodinamica [original edition: (2010). The efficacy of psychodynamic psychotherapy. American Psychologist, 65(2), 98–109].
Riassunto: Le evidenze empiriche disponibili dimostrano che la terapia psicodinamica (PDT) o psicoanalitica è efficace. La «dimensione del risultato» (effect size) della terapia psicodinamica è grande almeno quanto quella di altre psicoterapie che sono state attivamente propagandate come «supportate empiricamente» o evidence based. Non solo, i pazienti trattati con una terapia psicodinamica mantengono i risultati e continuano a migliorare nel tempo dopo la fine della terapia. È stato anche dimostrato empiricamente che le terapie non psicodinamiche possono essere efficaci in parte perché i clinici più esperti utilizzano tecniche che da sempre sono al centro della teoria e della pratica psicodinamiche. La diffusa opinione secondo cui gli approcci psicodinamici non sono efficaci non è in accordo con le ricerche scientifiche disponibili, e può dipendere da una diffusione selettiva dei risultati delle ricerche.
Abstract: Empirical evidence supports the efficacy of psychodynamic (or psychoanalytic) therapy (PDT). Effect sizes for psychodynamic therapy are as large as those reported for other therapies that have been actively promoted as «empirically supported» and «evidence based». Additionally, patients who receive psychodynamic therapy maintain therapeutic gains and appear to continue to improve after treatment ends. Finally, non-psychodynamic therapies may be effective in part because the more skilled practitioners utilize techniques that have long been central to psychodynamic theory and practice. The perception that psychodynamic approaches lack empirical support does not accord with available scientific evidence and may reflect selective dissemination of research findings.
2011, 45(2), 153–180
Paul L. Wachtel, Al di là degli «EST». Problemi di una pratica psicoterapeutica basata sulle evidenze [original edition: (2010). Beyond «ESTs». Problematic assumptions in the pursuit of evidence-based practice. Psychoanalytic Psychology, 27(3) 251–272].
Riassunto: Nella letteratura sulla ricerca in psicoterapia vi è molta confusione sulla differenza tra il concetto generale di pratica basata sulle evidenze (evidence-based) e i criteri più ristretti usati nel designare certi trattamenti come «validati empiricamente» o «supportati empiricamente». Invece di preoccuparsi giustamente di esaminare le evidenze dell’efficacia di vari approcci terapeutici e gli assunti che li sorreggono, il movimento dei «trattamenti supportati empiricamente» (empirically supported treatments [EST]) è caratterizzato più da ideologia e da assunti non veri che da buona scienza. Questo articolo esamina in dettaglio i limiti scientifici e logici del movimento degli «EST» e tenta di collocare la ricerca empirica in psicoterapia su basi più solide.
Abstract: There has been much confusion in the literature of psychotherapy research on the difference between the broad concept of evidence-based practice and the narrower set of criteria that have been employed in designating certain treatments as «empirically validated» or «empirically supported». In contrast to the appropriate concern with examining the evidence for the efficacy of various psychotherapies and for the theoretical assumptions that underlie them, the «empirically supported treatments» (EST) movement has been characterized more by ideology and faulty assumptions than by good science. This paper examines in detail the scientific and logical limitations of the «EST» movement and aims to place the empirical investigation of theory and practice in psychotherapy on a sounder basis.
2013, 47(3), 407–422
American Psychological Association, Riconoscimento dell’efficacia della psicoterapia [original edition: (2013). Recognition of psychotherapy effectiveness. Psychotherapy, 50(1), 102–109].
Riassunto: Nell’agosto 2012 l’Assemblea dei delegati dell’American Psychological Association (APA) ha votato una mozione ufficiale sul riconoscimento dell’efficacia della psicoterapia. Viene fatta una serie di affermazioni (28 in tutto) su vari aspetti della psicoterapia, mostrando che è efficace in diverse condizioni, diagnosi, fasce di età e popolazioni, che è cost-effective e che in alcuni casi è superiore ai farmaci. Ogni affermazione è accompagnata da dettagliati riferimenti bibliografici (circa 150 voci in tutto) che documentano le ricerche controllate che supportano ogni singola affermazione fatta. Nelle conclusioni viene deliberato che l’APA si impegna a informare maggiormente il pubblico sull’efficacia della psicoterapia e a fare pressioni per modificare le politiche sanitarie affinché venga riconosciuto formalmente l’utilizzo della psicoterapia nei servizi di salute mentale, soprattutto per venire incontro ai bisogni degli utenti sottoprivilegiati.
Abstract: In August 2012 the Council of Representatives of the American Psychological Association (APA) adopted a Resolution on the recognition of psychotherapy effectiveness. In a series of 28 statements it is affirmed that psychotherapy is effective in various conditions, diagnoses, age groups and populations, and also that it is cost-effective and often superior to medication. Each statement is accompanied by detailed bibliographical references (about 150 citations in the overall) that support the statements that have been made. In the conclusions it is resolved that APA increase its efforts to educate the public about the effectiveness of psychotherapy and support formal recognition of psychotherapy in the health care system, particularly in order to address the needs of underserved populations.
2015, 49(4), 595–628
Rolf Sandell, Change After Psychotherapy (CHAP): un metodo di valutazione del cambiamento alla fine della psicoterapia [original edition: Change After Psychotherapy (CHAP): A method for measuring change after the termination of psychotherapy. See the web page: www.psicoterapiaescienzeumane.it/chap2015.htm].
Riassunto: Viene presentato il manuale della Change After Psychotherapy (CHAP), formulata da Rolf Sandell nel 1987, che è un metodo di valutazione del cambiamento alla fine della psicoterapia, cioè senza la misurazione delle differenze tra lo stato pre- e post-trattamento. Vengono illustrate le sue 5 scale (Sintomi, Capacità adattiva, Self-insight, Conflitti di base e Fattori extra-terapeutici) e riportate le ricerche con i dati di attendibilità. Uno degli aspetti interessanti di questa scala è che permette di identificare le variabili del cambiamento delle quali non è possibile misurare una differenza dallo stato pre-terapia in quanto non erano presenti essendo comparse solo grazie alla terapia stessa. Il manuale qui pubblicato, inedito anche in inglese, è un aggiornamento di un dattiloscritto del 1997.
Abstract: Change After Psychotherapy (CHAP), formulated by Rolf Sandell in 1987, is a method to measure change after the termination of a psychotherapy, without comparing pre- and post-treatment variables. The CHAP five scales are described (Symptoms, Adaptive Capacity, Self-insight, Basic Conflicts, and Extra-Therapeutic Factors), with data on reliability and norms. One of the interesting aspects of CHAP is that it allows to identify variables not present at the beginning of treatment, i. e., that could not be included in pre-post measures since they might appear due to therapy itself. This manual, which was never published before, is an update of a 1997 manuscript.
2016, 50(1), 11–48
Nathan Thoma, Brian Pilecki & Dean McKay, La terapia cognitivo-comportamentale contemporanea: teoria, storia ed evidenze empiriche [original edition: (2015). Contemporary cognitive-behavior therapy: A review of theory, history, and evidence. Psychodynamic Psychiatry, 43(3), 423–462].
Riassunto: La terapia cognitivo-comportamentale (cognitive-behavior therapy [CBT]) è molto diffusa. Vengono prese in rassegna le teorie, la storia e le evidenze empiriche della CBT allo scopo di fornire un panorama complessivo per coloro che ancora non conoscono questo settore della psicoterapia. Tra le altre cose, vengono presentate la terapia comportamentale, la terapia cognitiva e la cosiddetta «terza onda» della CBT che include ad esempio la dialectical-behavior therapy (DBT) di Marsha Linehan e l’acceptance and commitment therapy (ACT) di Hayes. Vengono inoltre prese in rassegna le prove di efficacia della CBT per vari disturbi tra cui depressione, ansia, disturbi di personalità, disturbi alimentari, abuso di sostanze, schizofrenia, dolore cronico, insonnia e disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza, includendo anche una discussione sulla combinazione di CBT e farmaci. Infine vengono fatti alcuni suggerimenti per il futuro della ricerca e della terapia.
Abstract: Cognitive-behavior therapy (CBT) has come to be a widely practiced psychotherapy throughout the world. The present article reviews theory, history, and evidence for CBT. It is meant as an effort to summarize the forms and scope of CBT to date for the uninitiated. Elements of CBT such as cognitive therapy, behavior therapy, and so-called «third wave» CBT, such as Linehan’s «dialectical-behavior therapy» (DBT) and Hayes’ «acceptance and commitment therapy» (ACT), are covered. The evidence for the efficacy of CBT for various disorders is reviewed, including depression, anxiety, personality disorders, eating disorders, substance abuse, schizophrenia, chronic pain, insomnia, and child-adolescent disorders. The relative efficacy of medication and CBT, or their combination, is also briefly considered. Future directions for research and treatment development are proposed.
2017, 51(2), 187–210
Horst Kächele, Lo studio del caso singolo dalla ricerca clinica alla ricerca sperimentale: un eterno dilemma? [From case study to single case research: A perennial issue?].
Riassunto: Il filo rosso che attraversa questo articolo riguarda il viaggio dalla narrativa alla osservazione. Gli studi sul caso singolo in forma narrativa erano nella culla del viaggio alla scoperta della psicoanalisi; questo paradigma caratterizza non solo i classici casi clinici di Freud, ma anche lo stile usato oggi nel descrivere i casi clinici. Una tradizione orale combinata a casi clinici scritti in modo molto libero ha costituito la modalità principale per comunicare le intuizioni acquisite da una ricerca orientata al contesto della scoperta. Un articolo di Bob Wallerstein e Hal Sampson del 1971 (Issues in research in the psychoanalytic process. International Journal of Psychoanalysis, 52(1), 11–50) ha segnato un punto di svolta. È diventato sempre più chiaro che la continua oscillazione tra la creazione di ipotesi cliniche e la loro verifica sperimentale è cruciale per lo sviluppo della psicoanalisi clinica come scienza.
Abstract: The red thread of this paper covers the journey from narration to observation. Case histories stood at the cradle of the psychoanalytic discovery tour; this paradigm comprises not only the classic pieces of Freud, but shapes the reporting style in the scientific community until today. An oral tradition combined with loosely written case studies constituted the major means of reporting the insights gained by introducing the therapeutic situation as a field for discovery oriented research. Wallerstein & Sampson’s 1971 paper marks a turning point in the field’s attention to the problematic situation. It became more and more clear that the ongoing oscillation between clinical hypothesis creating and the formal testing of them is crucial for the development of clinical psychoanalysis as a science.
2017, 51(4)
Paolo Migone, Editoriale (pp. 525–528): www.francoangeli.it/Area_RivistePDF/getArticolo.ashx?idArticolo=60389
David M. Clark, Il programma inglese «Improving Access to Psychological Therapies» (IAPT) (pp. 529–550) [later English edition: (2018). Realizing the mass public benefit of evidence-based psychological therapies: The IAPT program. Annual Review of Clinical Psychology, 14, 159–183].
Riassunto: Sono ormai disponibili chiare prove empiriche della efficacia di varie psicoterapie per i disturbi mentali, però solo una minima parte di pazienti ne usufruisce. Il programma inglese Improving Access to Psychological Therapies (IAPT) cerca di migliorare l’accesso alla psicoterapia fornendo a più di 10.500 nuovi terapeuti una formazione in trattamenti supportati empiricamente e utilizzandoli sul territorio per la terapia della depressione e dei disturbi d’ansia. Lo IAPT tratta più di 560.000 pazienti all’anno, raccoglie i dati sui risultati nel 98.5 % dei casi e li rende pubblicamente disponibili. Circa la metà dei pazienti trattati nel programma IAPT guarisce, e due terzi mostra benefici tangibili. Vengono presentati gli aspetti clinici ed economici del programma IAPT, le modalità di formazione degli operatori, del servizio offerto al pubblico e della implementazione del programma, e i risultati ottenuti aggiornati al luglio 2017. Si accenna anche ai limiti e alle direzioni future.
Abstract: Empirical evidence shows that empirically supported treatments are helpful for many mental disorders. However, in most countries the great majority of people do not have access to psychological therapies. The English Improving Access to Psychological Therapies (IAPT) program aims to improve the access to psychological therapies by training over 10,500 new therapists in empirically supported treatments and deploying them for the treatment of depression and anxiety disorders. IAPT treats over 560,000 patients per year, obtains clinical outcome data on 98.5 % of them, and this information is in the public domain. Around half of these patients recover and about two thirds of them show benefits. The clinical and economic arguments on which IAPT is based are presented, along with details on the service model, how the program is implemented, and findings updated to July 2017. Limitations and future directions are discussed.
Falk Leichsenring & Christiane Steinert, La terapia cognitivo-comportamentale è veramente la più efficace? (pp. 551–558) [Is cognitive behavior therapy really the most effective form of psychotherapy?].
Riassunto: La terapia cognitivo-comportamentale (cognitive behavior therapy [CBT]) viene spesso ritenuta la psicoterapia più efficace, una sorta di gold standard. Viene mostrato invece che non vi sono prove della superiorità della CBT rispetto ad altre psicoterapie, e vengono esaminati in particolare i seguenti aspetti: qualità delle ricerche compiute, publication bias (cioè il fatto che una ricerca che non produce i risultati desiderati ha meno probabilità di venire pubblicata), tipo di gruppi di controllo utilizzati, effettivi tassi di miglioramento in vari disturbi, assenza di miglioramento nell’efficacia della CBT negli ultimi 40 anni, mancata dimostrazione dei meccanismi di cambiamento, assenza di controllo del bias della researcher allegiance (cioè la convinzione da parte del ricercatore della superiorità del trattamento studiato), efficacia comparativa della CBT.
Abstract: Cognitive behavior therapy (CBT) is often considered the most effective form of psychotherapy, i. e., the gold standard. It is argued, however, that there is no evidence for the superiority of CBT compared to other approaches. The following aspects, among others, are reviewed: quality of studies, publication bias, type of control groups, actual rates of improvement in various disorders, lack of improvement of the effect sizes of CBT in the last 40 years, lack of corroboration of central mechanisms of change of CBT, the often uncontrolled researcher allegiance, and comparative efficacy of CBT.
2018, 52(3), 383–398
Jonathan Shedler, Dove sono le evidenze della terapia «basata sulle evidenze»? [original edition: (2018). Where is the evidence for «evidence-based» therapy? Psychiatric Clinics of North America, 41(2), 319–329].
Riassunto: La dicitura «terapia basata sulle evidenze» è diventata di fatto una espressione in codice per alludere a un tipo di terapia cognitivo-comportamentale prescrittiva e quasi sempre breve. Da più parti si proclama che le terapie «basate sulle evidenze» (evidence-based) sono scientificamente validate e superiori a tutte le altre psicoterapie. Però la ricerca empirica dimostra il contrario, e cioè che le terapie «basate sulle evidenze» sono poco efficaci, i loro effetti sono minimi, pochi pazienti migliorano, e durano poco anche i minimi effetti che a volte si ottengono. Spesso le ricerche vengono condotte in modo non rigoroso, così che emerge un quadro fuorviante dei risultati delle terapie «basate sulle evidenze»: a volte mancano gruppi di controllo appropriati, i campioni sono costituiti da pazienti selezionati e non adeguatamente randomizzati, e vengono nascosti i risultati negativi.
Abstract: The term «evidence-based» therapy has become a de facto code word for manualized therapy, most often brief, highly scripted forms of cognitive behavior therapy. It is widely asserted that «evidence-based» therapies are scientifically proven and superior to other forms of psychotherapy. Empirical research does not support these claims, but shows that «evidence-based» therapies are weak treatments. Their benefits are trivial, few patients get well, and even the trivial benefits do not last. Troubling research practices paint a misleading picture of the actual benefits of «evidence-based» therapies, including sham control groups, cherry-picked patient samples, and suppression of negative findings.