Recensione del libro

Veneziani, M. (2022).
Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo
Marsilio Nodi, 176 Pagine, 20.00 CHF, 17.10 EUR ISBN: 978-8829716470

Psychotherapie-Wissenschaft 13 (1) 2023 95

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CC BY-NC-ND

https://doi.org/10.30820/1664-9583-2023-1-95

In questo saggio Marcello Veneziani ci propone una visione cruda e una profonda analisi ricca di dettagli, citazioni auliche circa il nostro stato d’animo che governa il nostro stare all’interno della società. Pertanto odio, narcisismo o atteggiamenti negativi non rappresentano che dei sintomi di superficie visibili e scomodi. Per l’autore si tratterebbe dunque di uno stato epocale che ci corrode e che ci spinge verso l’insoddisfazione. Egli distingue scontenti da infelici, malinconici o inquieti. La scontentezza, come sostiene Veneziani, è il punto di partenza. Così come l’insoddisfazione genera dipendenza e arricchisce chi fabbrica desideri. Tale scontentezza si rivolge in primis verso noi stessi e ci spinge a cercare appigli e conforti esterni. Questo processo finisce per generare una dipendenza, un cambio di paradigma del rapporto tra scontentezze private e malcontento pubblico, sociale e politico, per poi tornare di nuovo alla sfera intima. Lasciata a sé stessa, dice Veneziani, la scontentezza ci dispone all’isolamento, ci allontana dagli altri in un misto di senso di inadeguatezza e narcisismo, amore di sé e insicurezza fino ad arrivare ad una self-life. Ciascuno a modo suo: in un certo qual modo lo scontento accomuna e costruisce una causa comune. Così la parabola della scontentezza si può scandire in tre tappe: depressione, esplosione, oppressione. La prima individuale, la seconda sociale e la terza istituzionale. In questo senso si può essere scontenti di sé, del proprio corpo, della propria età, del proprio sesso, della propria famiglia, del proprio ambiente, delle aspettative di vita, dei desideri. Scontenti nello scoprirsi imperfetti, carenti, dipendenti, mortali, vecchi. Il tutto ci fa dimenticare come la lista appena fatta sia anche un elenco della nostra umanità. Lo scontento, in realtà, è presente in ciascuna età. Si tratta di un allontanarsi da una ipotetica vita autentica. Quindi lo scontento diventa un alienato consapevole che vive una scissione tra essere e dover essere; tra realtà e la volontà, tra l’io e la vita. Si sviluppa un’idea di essere di più di quel che la vita mi dà, di valere di più di quel che si riceve. Paul Valery lo descrive come l’idea di essere caduti in una trappola, di aver creduto e di essere stato giocato, di essere votato ad una rabbia impotente, in balia di un potere barbaro e ingiusto.

La scontentezza, afferma ancora Veneziani, non si misura con l’agiatezza, ma si misura nel rapporto tra ciò che si ha e ciò che si desidera, nel divario tra pretese e realtà. In tale divario psicologico, l’uomo cade e investe tutto poiché il suo orizzonte di aspettative va oltre ciò che possiede. Il disagio, lo spaesamento che ne derivano, radicano lo scontento e lo rendono permanente e non passeggero o occasionale.

Per Schopenhauer la scontentezza è il più amaro di tutti i dolori: è l’immancabile conseguenza del non conoscere la propria individualità, della falsa presunzione e della temerarietà che ne deriva. Una possibile via d’uscita ci viene data dall’accettare la propria imperfezione, assumerla su di sé, modificando per quel che è possibile la situazione e dedicarsi a migliorare la propria esperienza di vita e a superare o addomesticare il disagio di vivere. La domanda sorge spontanea: non è questo ciò che può capitare all’interno delle nostre psicoterapie? In questo modo si cerca di dare una transitorietà allo scontento per farlo uscire da uno stato di permanenza e irreversibilità. Il libro è anche disponibile in formato e-book.

Mara Foppoli