Mara Foppoli & Milena Pacciorini
Psychotherapie-Wissenschaft 13 (1) 2023 35–42
www.psychotherapie-wissenschaft.info
https://doi.org/10.30820/1664-9583-2023-1-35
Riassunto: Il presente articolo descrive un’esperienza di servizio di peer chat per giovani iniziato nel 2019 e ancora in corso nella Svizzera Italiana. Si tratta di un tipo di consulenza dove dei giovani aiutano altri giovani durante un determinato orario. I peer chat, hanno un avatar e quindi questo tipo di consulenza avviene in uno stato di confidenzialità, in digitale ed è scritta. In questa valutazione preliminare si è voluto prendere in considerazione sia l’esperienza di chi ha utilizzato questo servizio sia le caratteristiche dei peer chat. I risultati mostrano come ci sia stato un buon livello di soddisfazione per il servizio e alcune dimensioni del life skill assesment quali ad esempio l’autoconsapevolezza, il problem solving, l’empatia e molte altre. Nelle conclusioni si prendono in esame sia i limiti che le possibilità per prendere in considerazione questo nuovo tipo di supporto digitale fornito dai giovani per i giovani.
Parole chiave: peer chat, chat, counseling online, peer, consulenza pari
Il presente articolo intende riferire e valutare l’esperienza di peer chat che è stata fatta a partire dal 2019 nella Svizzera italiana e tutt’oggi in corso. Si tratta di servizio che si inserisce all’interno di un contesto più ampio di prevenzione primaria e che vuole fornire un terreno di confronto per giovani all’interno di una consulenza scritta ad opera di giovani. Ed è proprio il focus sui giovani e sulla loro richiesta e possibilità di aiuto che fa emerge come non sia così facile ottenere una comprensione delle problematiche personali da parte del mondo adulto, della famiglia. Le difficoltà possono sorgere dal fatto di non riuscire a mantenere un atteggiamento di apertura, ascolto, comprensione delle problematiche esistenziali e di salute mentale. Probabilmente abbiamo visioni diverse su queste tematiche che provengono dall’appartenere a generazioni differenti. Così se da una parte abbiamo i giovani della generazione Zeta che si rendono conto che qualcosa in loro non va e vanno alla ricerca di diagnosi anche affidandosi purtroppo solo alla rete, dall’altra forse vi è un atteggiamento di alcuni genitori di negare il malessere e una sua sdrammatizzazione che ostacola un intervento precoce da parte degli psicoterapeuti ad esempio.
Così anche all’ultimo congresso IC 2022 dell’International Child Helpline che si è svolto a Stoccolma, vi è stato una generale consenso sul fatto che per un giovane poter accedere ad una psicoterapia rappresenta ancora un percorso pieno di ostacoli economici ma anche di stigma verso la salute mentale. Come a voler negare l’esistenza del problema e come se l’essere anche molto giovani non permettesse una sua comprensione. In questo senso, riteniamo interessante menzionare l’esperienza del Canada in cui Alison Simon ha presentato lo Stepped care model, in cui è possibile visionare gli step che sono necessari ad un giovane prima di arrivare a un professionista. Questo modello aiuta a coprire questo gap che si crea con i servizi di supporto per i giovani. Sviluppato in Canada dal Peter Cornish, Stepped Care 2.0 (SC2.0©) è un modello innovativo e basato sull’evidenza di prove per organizzare i servizi di salute mentale e dipendenza in un sistema di assistenza flessibile e co-progettato. Unico nel suo approccio incentrato sul cliente e orientato al suo recupero, il modello è progettato e implementato per soddisfare le esigenze di diverse organizzazioni e comunità. Lo stesso è stato adottato anche presso la commissione di salute mentale. L’idea portante è quella di ridurre lo stigma e rendere più precoci gli interventi per occuparsi dei problemi di salute mentale e quindi favorire la guarigione da essi. Si tratta di poter offrire le cure adeguate al momento giusto. Partendo quindi dalle risorse informative a bassa intensità, arrivando quindi ai servizi intensivi per la persona, il tutto all’interno di un sistema coordinato. Così accade che molti di coloro che ne hanno bisogno, non cerchino o affrontino sfide nel cercare l’accesso alla salute mentale, preferendo l’uso di sostanze o il gioco d’azzardo. Questo sistema ha mostrato con forza che il rafforzamento delle opzioni di servizio all’interno di un approccio Stepped Care potrebbe avvantaggiare le persone nella provincia e non solo quelle delle grandi città. Simon ha focalizzato la sua attenzione sui giovani indicando per ciascuno step una scala di gravità della richiesta di aiuto. Nello schema di seguito è possibile visionare i diversi 6 step erogati per via digitale. Avremo quindi la promozione della salute mentale che dovrebbe vedere in primis il coinvolgimento delle scuole ma anche delle comunità, si tratta qui di rendersi conto di avere un problema esistenziale, di alcool, di regolazione delle emozioni ad esempio. Successivamente avremo una psicoeducazione in grado di fornire informazioni in modo che sia la persona stessa a trovare le risposte a quello che le succede iniziando ad aprire un dialogo ed uscendo da evitamenti e non accettazione o negazioni.
Fig. 1: Il modello costruzione systema di cura integrato del Sistema Sanitario Canadese
Al terzo step avremo una serie di strumenti autosomministrati via app sempre nel digitale. Al quarto gradino avremo l’ingresso dei pari che moderano i vissuti e creano un confronto aperto basato sulla loro esperienza diretta e sul fatto di essere riusciti a superare il problema che si è venuto a creare sviluppando così capacità di resilienza. In questo step vi è anche la ricerca di un aiuto concreto sul territorio (triage dei servizi esistenti). Ed è a questo livello che si inserisce l’esperienza di peer chat che in seguito andremo ad illustrare e a valutare. Il quinto gradino è rappresentato dai volontari che creano supporto fino ad approdare nello studio di uno psicoterapeuta. Con questa metodologia si crea un sistema di cura variegato con un’ampia struttura di voci, competenze ed esperienze che non fanno sentire il giovane solo e isolato con il suo problema di salute mentale come purtroppo oggi accade.
Si tratta di co-sviluppare diversi approcci e tipi di coinvolgimento della comunità: raccogliere feedback continui, onorare le prospettive di coloro che, seppur essendo molto giovani, hanno vissuto un’esperienza analoga e talvolta ancora in corso, ma con un grado di controllo all’interno di una fascia di sicurezza capace di considerare la diversità, l’equità e l’inclusività.
Inoltre, altro aspetto da considerare, è che si viene a creare una cultura e un linguaggio di speranza lavorando in modo collaborativo in tutti i settori; costruendo relazioni rispettose all’interno e attraverso il team; instaurando empatia e fiducia; ascoltando, sostenendo e riconoscendo i determinanti sociali della salute e valorizzando i diversi percorsi che le persone hanno con la salute mentale e l’uso di sostanze.
Per poter procedere in questa prima valutazione sono stati presi in considerazioni due punti di vista: quello di chi utilizza il servizio di peer chat e quello legato alle caratteristiche dei peer, ovvero le persone che gestiscono il servizio. Questo dovrebbe permettere di capire da una parte l’impatto che tale servizio permette di avere sul benessere dei giovani e dall’altro quali dimensioni legate alle life skill vengono maggiormente sollecitate in questo tipo di consulenza dove vi è un rapporto simmetrico e di vicinanza tra peer e peer chat.
La peer education è stata ampiamente utilizzata come strumento per la promozione del benessere e per la prevenzione dei comportamenti a rischio, tra cui in particolare il consumo di sostanze psicoattive ed i comportamenti sessuali a rischio. Il contesto elettivo di applicazione della peer education è tradizionalmente stato quello scolastico, tuttavia recentemente si è assistito ad una sua diffusione sempre maggiore anche nei contesti extra-scolastici (Cristini et al., 2010). Inoltre la peer education permette di fare prevenzione con mezzi nuovi (Ottolini & Rivoltella, 2014). Probabilmente il percorso che la peer education sta facendo è proprio questo: dal contesto scolastico, al territorio e ora nel web. E in questo senso la peer chat rappresenta un punto di intersezione tra questi due mondi, dove è possibile tra ragazzi un tipo di comunicazione orizzontale e diretta con un contesto esperienziale, culturale e di linguaggio comune.
In questo tipo di consulenza troviamo dei giovani che fanno consulenza ad altri giovani utilizzando un canale che piace particolarmente ai giovani, ovvero la chat. Si tratta dunque di una consulenza scritta che viene mediata dallo schermo e che rappresenta una modalità comunicativa e relazionale che i giovani trovano molto confortevole e familiare. In questo canale riescono ad essere diretti e schietti e a parlare del loro disagio, del loro malessere. Dall’altra parte ci saranno i peer che sono anch’essi dei giovani e che hanno sviluppato resilienza superando dei disagi, dei disturbi personali. Essi ben conoscono il mondo dei giovani, il loro linguaggio, la cultura giovanile riuscendo così facilmente ad essere empatici con i vissuti di chi è entrato in crisi e non riesce bene a capire cosa stia succedendo e non sente di venir compreso da parte del mondo adulto che lo circonda. L’idea di base è proprio il concetto di uguaglianza che permette una relazione diretta e simmetrica tra chi richiede una consulenza e tra chi la riceve, per età, contesto e situazione. In pratica avremo dei giovani che aiutano altri giovani mediante il canale delle chat. Avremo quindi l’esperienza personale che guida il counseling tra pari. Non viene vista come sostitutiva all’intervento con un professionista ma come uno step interlocutorio di condivisione che la parità permette e che aiuta a non restare soli con un problema di cui non si comprende la gravità, la forma e le possibili implicazioni sulla vita di ogni giorno e di quella futura. Questo permette di abbattere ostacoli di evitamento e negazione di problemi di alcool ad esempio, di ansia sociale e soprattutto permette di abbassare la soglia in cui cominciare a parlare del proprio problema e del proprio disturbo accettandolo per quello che è.
La consulenza aveva luogo dapprima una volta a settimana per 4 ore, poi è passata a due volte a settimana per 3 ore ciascuna sempre con la presenza di un peer coach e sempre in gruppo.
Grazie alla consulenza il giovane in cerca di una consulenza:
Il gruppo target delle chat peer-to-peer sono i giovani di età compresa tra i 13 e i 25 anni che desiderano ricevere idee e sostegno da pari attraverso un canale a bassa soglia (chat). La chat alla pari viene offerta in alternativa alla chat con i consulenti professionisti. Si può accedere alla chat peer-to-peer senza registrarsi. Quando una chat room è libera, il giovane che richiede una consulenza può scegliere un nickname, entrare nella chat e iniziare una conversazione con un consulente alla pari (di seguito CP). Il dialogo ha luogo nella forma 1:1 (chi richiede la consulenza e il CP), ma viene supervisionato e affiancato in diretta da un peer coach (consulente professionista). A seconda delle necessità e delle risorse, vengono aperte contemporaneamente da due a quattro chat room a intervalli temporali predefiniti (1–2) ogni settimana.
Nel corso delle sessioni di chat, i CP vengono assistiti e affiancati da un consulente professionista qualificato, il peer coach. Questo consulente segue le chat in tempo reale, fornisce consigli, fa notare pericoli e dinamiche relazionali e può essere interpellato dal CP per dare assistenza o, in casi di emergenza, intervenire direttamente nella chat. Gli eventuali interventi in caso di crisi che si rendono necessari vengono condotti esclusivamente dal peer coach; il giovane che ha richiesto la consulenza viene informato del cambio di consulente. Il peer coach monitora le chat in tempo reale e, se necessario, dà suggerimenti o subentra al posto del CP. Fornisce inoltre costantemente un feedback. Ogni turno di chat si conclude con un momento di riflessione. La condivisione delle esperienze favorisce l’elaborazione, l’apprendimento e la coesione. Ogni tre mesi è previsto un colloquio 1:1 tra il CP e il peer coach, durante il quale vengono dettagliatamente discussi e affrontati dubbi e domande ancora in sospeso.
I CP hanno un’età compresa tra i 15 e i 25 anni e devono essere in grado di fornire sostegno ai giovani che si rivolgono a loro in chat con le domande più disparate. Alla base della consulenza peer-to-peer vi è il rapporto simmetrico, paritario, tra chi chiede una consulenza e chi la fornisce. Tale simmetria deriva dall’esigua differenza di età, dalla condivisione dell’ambiente di vita, e, nel migliore dei casi, da un bagaglio di esperienze simili. Attraverso questo tipo di consulenza, ai giovani in cerca di una consulenza viene trasmesso il messaggio che è possibile superare le crisi, come è successo ad altre persone. In questo modo i CP contribuiscono a ridurre a una dimensione di normalità una situazione percepita come problematica. Nel corso delle chat, i CP riflettono insieme ai loro interlocutori su come migliorare la situazione nel caso concreto. Affinché possano rispondere anche a domande su temi di cui non hanno esperienza diretta, i CP vengono formati nelle tecniche di conduzione del colloquio e nella metodologia della consulenza. I CP non sono comunque tenuti a disporre di conoscenze specifiche pregresse in tali ambiti.
A differenza dei consulenti professionisti, i CP sono singolarmente individuabili. Si presentano, infatti, sul sito web con un avatar e una breve descrizione di sé. In questo modo i giovani in cerca di una consulenza possono decidere con quale CP preferiscono confrontarsi. Ciò accresce la compatibilità tra gli interlocutori, facilitando l’interazione. I CP si mettono a disposizione dei giovani che hanno bisogno di una consulenza come persone con esperienze proprie, e, mantenendo un atteggiamento consapevole e riflessivo, li sostengono nella ricerca di una soluzione.
La consulenza peer-to-peer si basa su un approccio consulenziale orientato alle risorse, all’ascolto e alla ricerca di soluzioni insieme, ma utilizza anche il metodo dell’apertura selettiva, favorendo così l’apprendimento sulla base di un modello. I CP partono dal presupposto che i loro interlocutori siano fondamentalmente in grado di risolvere i propri problemi. Dopo aver prestato adeguatamente attenzione alla questione posta, il CP deve concentrarsi sulle possibili soluzioni. Il CP aiuta il suo interlocutore ad attingere a risorse e competenze utili per risolvere il problema.
Di seguito verranno presi in considerazioni diversi livelli di misurazione dell’efficacia del servizio ma anche di come l’esperienza online dei peer di consulenza è stata percepita. Teniamo conto che vi è stato un incremento a seguito dell’arrivo del covid e anche dello spin off che questo progetto ha subito ma che ha visto incrementare il numero di persone che si sono rivolte alla peer chat.
È stato creato uno strumento di valutazione ad hoc per rilevare le valutazioni di chi utilizza la peer chat. Esso veniva somministrato alla fine di ciascuna chat. Lo strumento è stato sottoposto a 40 utenti, di cui 20 hanno espresso una valutazione circa l’esperienza di counseling che avevano appena avuto. Qui di seguito è possibile prendere visione degli item. Valutazione servizio peer chat:
L’altro strumento è quello delle life skill The life skills assessment scale (Leutenberg & Liptac, 2010). Le life skill sono competenze e capacità individuali, sociali e relazionali che permettono agli individui di affrontare efficacemente le esigenze e i cambiamenti della vita quotidiana. L’O.M.S. definisce le life skill attraverso 10 capacità suddivise in tre diverse aree, naturalmente sono tutte interconnesse e tale divisione ha soprattutto valore esplicativo.
Area cognitiva: – Decision making (capacità di prendere decisioni): capacità di elaborare attivamente il processo decisionale, valutando le differenti opzioni e le conseguenze delle scelte possibili. Problem solving (capacità di risolvere i problemi): questa capacità permette di affrontare i problemi della vita in modo costruttivo. Pensiero creativo: tale capacità mette in grado di esplorare le alternative possibili e le conseguenze che derivano dal fare e dal non fare determinate azioni. Aiuta a guardare oltre le esperienze dirette, a rispondere in maniera adattiva e flessibile alle situazioni di vita quotidiana. Pensiero critico: è l’abilità di analizzare le informazioni e le esperienze in maniera obiettiva. Può contribuire alla promozione della salute, aiutando a riconoscere e valutare i fattori che influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti.
Area relazionale: – Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale, con modalità appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni. Questo significa essere capaci di manifestare opinioni e desideri, bisogni e paure, esser capaci, in caso di necessità, di chiedere consiglio e aiuto. Capacità di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire con gli altri in maniera positiva, riuscire a creare e mantenere relazioni amichevoli che possono avere forte rilievo sul benessere mentale e sociale. Empatia: è la capacità di immaginare come possa essere la vita per un’altra persona anche in situazioni con le quali non si ha familiarità. Provare empatia può aiutare a capire e accettare i «diversi».
Area emotiva: – Autoconsapevolezza: riconoscimento di sé, del proprio carattere, delle proprie forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze. Sviluppare l’autoconsapevolezza può aiutare a riconoscere quando si è stressati o quando ci si sente sotto pressione. Gestione delle emozioni: implica il riconoscimento delle emozioni in noi stessi e negli altri; la consapevolezza di quanto le emozioni influenzino il comportamento e la capacità di rispondere alle medesime in maniera appropriata. Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel comprendere come queste ci «tocchino» e nell’agire in modo da controllare i diversi livelli
Lo strumento è stato sottoposto a 14 peer prima e dopo un turno di peer chat.
Un primo grosso vantaggio in questo tipo di consulenza è la condivisione simmetrica del mondo giovanile in cui sia chi utilizza il servizio che i peer chat possono dare. Questo si può evincere dal tipo di linguaggio e da una comune condivisione della cultura giovanile. Un altro aspetto è dato dalla veloce immedesimazione nella situazione e quindi anche il capire quali possano essere i rischi ed i pericoli che l’altra persona tende a sottovalutare come una sorta di sentinella rispetto alla sicurezza. La parità e la credibilità possono divenire delle leve per promuove un cambiamento o dare una direzione giacché si basano sull’autenticità e la sintonia relazionale. Inoltre, i ragazzi stessi assumono un ruolo attento ma soprattutto attivo circa quello che gli succede, il che aumenta le loro probabilità di riuscire a far fronte agli eventi stessi. Scambio, analisi, verbalizzazione delle emozioni che circola, ricerca insieme di una soluzione attivano la persona e la fanno uscire da un senso di abbandono e solitudine. Il peer chat tende a essere molto aperto e mantiene un atteggiamento non giudicante che viene percepito immediatamente. L’obbiettivo principale resta trasmettere informazioni e autoconsapevolezza circa le situazioni in cui i giovani sono coinvolti.
Per quel che concerne i rischi, crediamo che il potersi trovare di fronte ad una situazione vissuta come non gestibile e soverchiante giustifichi la presenza del peer coach. Egli interviene e prende in mano la situazione in caso di impasse da parte del peer chat. Anche il debriefing di fine turno ha l’obiettivo di verificare che non ci siano vissuti emotivamente carichi che restino nelle menti e nei cuori dei peer chat. Il fatto di costruire degli strumenti protettivi di intervento è un compito del peer coach.
La consulenza alla pari ha una portata molto più limitata rispetto alla consulenza professionale, a causa della formazione dei CP volutamente ridotta alle sole nozioni di base e dell’auspicata simmetria relazionale tra i due interlocutori. Un intervento del coach (subentrare nella chat, triage con il 147) o un affiancamento molto serrato del CP (aiuto nella formulazione dei messaggi) è assolutamente necessario nei seguenti casi:
Di seguito esporremo i risultati emersi in modo da poter dare una valutazione parziale al tipo di servizio di peer chat sia dal punto di vista del servizio in sé, che dal punto di vista dei peer e la loro esperienza nella gestione del servizio.
Per poter descrivere meglio il servizio di peer chat vogliamo fornire alcuni dati. In particolare nel corso del 2022 sono state gestite ben 6.466 chat, con una media mensile di oltre ca. 530 chat al mese da gestire. La maggior parte di chi utilizza il servizio sono ragazze, che rappresentano il 65 %, mentre i ragazzi sono il 31 % e i non binari sono ca il 4 %. La Fig. 2 mostra la percentuale di temi emersi.
Fig. 2: Temi emersi nel corso della chat
I problemi personali ricoprono ben il 30 % dei temi emersi. Riteniamo utile sottolineare come ben il 24 % delle chat verta su temi delicati come il disturbo dell’umore, l’autolesionismo, i pensieri suicidi o la violenza. Spesso le persone non sono consapevoli della persistenza o della frequenza di tali pensieri o fantasie e questo andrebbe a confermare come la consapevolezza della necessità di un intervento di un professionista come uno psicoterapeuta non sempre sia percepita e quindi come l’accessibilità ai percorsi di psicoterapia non venga presa in considerazione da chi invece soffre di problemi personali da tempo. In questo, il servizio di peer chat puo’ aiutare ad assumere una consapevolezza circa la durata del disagio e la conseguente necessità di cercare un aiuto.
Al termine di una consulenza via chat, è stato somministrato un questionario a 40 persone per capire il grado di soddisfazione percepito. Di questi 20 hanno risposto fornendo una valutazione molto positiva. In particolare Il fatto di sentirsi presi sul serio e ascoltati, i ragazzi hanno percepito un miglioramento. Il 100 % pensa di utilizzare ancora la peer chat. Di seguito ne diamo un dettaglio.
Fig. 3: Grado di soddisfazione percepito
Di seguito sono riportati i dati relativi all’assesment life skill dei 14 peer chat che insieme agli 8 peer coach gestiscono il servizio. Si tratta per il 71 % di ragazze e per il 29 % di ragazzi. L’età media è di 20,2 anni. Per quel che riguarda le 10 dimensioni dell’assessment abbiamo una prevalenza dell’area emotiva con la dimensione relativa all’autoconsapevolezza di 4,5 su 5. La dimensione immediatamente successiva è quella del problem solving a 4,3 appartenente all’area cognitiva. Poi abbiamo la dimensione relativa all’empatia a 4,2 appartenente all’area emotiva dello strumento. Credo che questo dato possa risultare interessante e coerente con i criteri di selezione dei peer chat poiché si richiede l’aver sviluppato una resilienza attraverso eventi di vita e successivi percorsi di psicoterapia conclusi o ancora in corso. Questo può aver permesso uno sviluppo delle dimensioni ora citate e che giocano un ruolo rilevante all’interno della consulenza via chat dei peer.
Fig. 4: Valutazione delle abilità di vita
Sono consapevole che i risultati emersi possono rappresentare uno studio preliminare parziale ma credo che possano darci degli elementi utili sul benessere dei giovani e sulla necessità di sviluppare sul territorio servizi digitali che utilizzino le esperienze, il linguaggio e la cultura giovanile condivisa dei peer. Infatti, all’interno del passaggio dall’infanzia all’adolescenza il gruppo di pari assume sempre più un ruolo credibile e centrale come punto di riferimento al di fuori della famiglia. Così la resilienza dei peer presenti in chat, l’esperienza dei peer coach, possono aiutare i giovani a capire meglio quello che sentono e ad avere una maggiore consapevolezza dei problemi che vivono e che possono mettere a repentaglio la loro salute fisica ma anche quella mentale. Tale presenza permette anche di raggiungere più velocemente un aiuto da parte di uno psicoterapeuta favorendo così l’intervento precoce.
La numerosità delle chat che arrivano al servizio di peer chat e le tematiche ci fanno dire che i ragazzi sono sensibili a quello che vivono e hanno la necessità di un confronto con i pari anche su tematiche delicate e importanti. Quindi questo tipo di servizio può abbassare la soglia e i tempi per avere un primo confronto senza giudizio. Spesso il linguaggio delle chat è diretto e senza mezzi termini. Un altro effetto che l’alto numero di chat pervenute può agevolare, è che si rinforzi la speranza che ai propri problemi ci possa essere una soluzione e questo permette ai giovani di non scivolare in un senso di rassegnazione depressivo in cui ogni sforzo per migliorare sé stessi o le situazioni in cui si è coinvolti risulti essere vano. Inoltre, questo servizio permette di uscire da un proprio isolamento che allontana la persona da un contatto positivo con sé stesso.
Per quel che riguarda il versante peer, i risultati mostrano come le esperienze di vita personale forti, alla base della selezione per diventare peer, insieme al proprio percorso di psicoterapia e la formazione per il ruolo stesso, siano un elemento cruciale per poter svolgere il ruolo di peer. Di fatto si è di fronte ad un alto livello di resilienza personale che può essere messo a disposizione delle persone con cui si chatta. Un altro elemento importante è il fatto di effettuare i due turni settimanali in gruppo, oltre che con la presenza dei peer coach. Questo favorisce uno scambio continuo tra i peer stessi che aiuta a sviluppare la propria autoconsapevolezza, il proprio problem solving e la propria empatia dimensioni risultate molto alte all’interno del life skill assesment. Di fatto queste dimensioni trovano espressione diretta nella percezione del servizio in cui i ragazzi si sentono ascoltati, trovano idee nuove, rafforzano la fiducia in sé.
Da ultimo, il vedere la propria efficacia, su tematiche in cui un tempo, gli stessi peer possono essere scivolati, permette di confermare la loro resilienza personale e dare un sostegno con un punto di vista interno di chi sa bene quali possono essere le emozioni anche contrastanti presenti nelle diverse situazioni e le sfide, gli ostacoli, le difficoltà. In questo senso il sostegno che ne risulta può essere molto efficace e portare a richiedere un aiuto professionale invece di ripetere mille volte gli stessi schemi ottenendo gli stessi risultati.
Cristini, F., Poser, F., Scacchi, L. & Perri, A. (2010). Quando la peer education esce dalla scuola. Salute e Prevenzione, 55, 31–52.
Leutenberg, E. A. & Liptac, E. (2010). The Practical Life Skills Workbook: Self-Assessments, Exercises & Educational Handouts. Whole Person Ass.
Marmocchi, P., Dall’Aglio, C. & Zannini, M. (2004). Educare le Life skills. Erickson.
Ottolini, G. & Rivoltella, P. C. (2014). Il tunnel ed il Kayak. Teoria e metodo nella peer & media education. Franco Angeli.
Le autrici
Mara Foppoli è psicologa, psicoterapeuta ASP, Gestalt, EMDR, Site Manager per Consulenza Svizzera Italiana di Pro Juventute.
Milena Pacciorini è filosofa, consulente filosofica e neuroscienze, PNL e PNQ, Presidente e Coach Young4HelpChat Svizzera.
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